Intervista a Riccardo Marchi fdm
Con Davvero molto piacere ho avuto la possibilità di intervistare Riccardo Marchi, collega e docente del corso Fascial Distorsion Model , ne è uscita una piacevole chiacchierata in cui si percepisce una grande curiosità da parte di Riccardo, e sopratutto voglia di andare oltre, cercando un modello terapeutico diverso dai normali canoni.
Ciao Riccardo, è davvero un piacere averti oggi ospite qui:
Sei passato tuo malgrado tra due generazioni di terapisti, quelli che nascono come “Massaggiatori” con le mani sempre piene di olio, e quelli moderni che invece grazie a tante nuove scoperte sulla fisiologia, hanno tante frecce al loro arco da poter “Spendere” per aiutare i propri pazienti nelle loro problematiche. Ci puoi raccontare il tuo percorso professionale, e di cosa ti occupi ora?
Ciao David, piacere mio!
L’evoluzione della professione di fisioterapista che hai descritto mi fa pensare un po’ al mio percorso, che mi ha portato dal mondo dei massaggi allo studio dei moderni approcci di terapia manuale. Da piccolo non sognavo di fare il fisioterapista. Pensavo che avrei studiato all’università, ma non ero attratto dalla medicina. Guardavo con interesse le cure naturali, erboristiche e psico-energetiche, ma non volevo farne una professione. A 21 anni non avevo ancora ben capito ciò che volevo per il mio futuro, quindi decisi di fare un giro all’estero: l’obiettivo era quello di imparare lingue e accumulare esperienze, mentre cercavo di capire cosa fare della mia vita. Cominciai con un viaggio in India, che fece fiorire in me quel latente amore verso le “terapie naturali”; incontrai persone che vivevano di massaggi, yoga e rimedi naturali; lì studiai le basi dello yoga e del massaggio ayurvedico, e capii che crearmi una professione nel campo delle terapie manuali poteva essere una buona idea. Continuai andando in Thailandia, dove appresi le basi del loro massaggio tradizionale; è un approccio molto interessante, simile allo shiatsu ma simile anche allo yoga(!). A Londra, mentre facevo le prime esperienze lavorative, conseguii il diploma ITEC in Anatomy, Physiology and Body Massage; era cresciuta la voglia di cimentarmi nella risoluzione di condizioni patologiche vere e proprie, e non volevo farlo da abusivo: decisi allora di iscrivermi alla facoltà di fisioterapia, e scelsi Viterbo, (soprattutto per la minore affluenza di aspiranti fisioterapisti all’esame di ammissione): durante i 3 anni di università mi innamorai sempre di più dell’approccio scientifico occidentale, cominciai a frequentare corsi e studiare i testi di autori internazionali nel campo della terapia manuale e della fascia. Una volta laureato, ho frequentato diversi corsi, e cambiato parecchi lavori, sempre alla ricerca di nuovi stimoli.Attualmente lavoro come free lancer, occupandomi principalmente dell’organizzazione del servizio di fisioterapia di un poliambulatorio, dove continuo anche a lavorare manualmente sui pazienti. Ovviamente, mi sto dedicando molto anche alla formazione. Ho iniziato lavorando per diverse organizzazioni; nel 2014, con l’amico e collega Riccardo Pasqualini, ho fondato la European Academy of Health Research, che ha lo scopo di contribuire alla diffusione delle conoscenze sulle terapie corporee in generale e sulla fascia in particolare.
Che attività svolgete con la EAHR?
Ci siamo impegnati fin dall’inizio nell’organizzazione di corsi di formazione tenuti da docenti di livello internazionale, in cui ho avuto modo di lavorare come interprete/assistente di ricercatori come Robert Schleip, Frank Roemer e il team di Anatomy Trains. Siamo stati i referenti italiani dell’IFDMO riuscendo, primi in Italia, a rendere la formazione in Fascial Distortion Model disponibile in modo continuativo e diversificato sul territorio nazionale. Inoltre, abbiamo sviluppato (grazie al lungo lavoro di Riccardo), un sistema di terapia manuale svolta in ambiente acquatico, l’Aquatic Manual Therapy®, che ci ha permesso di accedere al mercato dei corsi di formazione a livello internazionale. Oggi, passati soli 3 anni dall’inizio dei lavori, siamo presenti con corsi di formzione in Italia, Messico, Brasile, Cile, Colombia, Argentina, Grecia e Polonia. Inoltre abbiamo la possibilità di pubblicare libri e traduzioni di testi internazionali: al momento siamo impegnati nell’edizione dell’ultimo libro di Guimberteau, corredato da video spettacolari, dove mostra la fascia in vivo in diversi stati patologici.
Sei un esperto di Fascia, potresti raccontarci il tuo approccio a questo tessuto/organo/sistema corporeo, come lo hai conosciuto e quanto un trattamento fasciale fa parte ormai del tuo modus operandi nella tua pratica clinica?
A causa della sua natura ubiquitaria, la fascia non può essere evitata quando si tratta qualcuno, in nessun modo! Dal massaggio, al rinforzo, all’applicazione di macchinari, la fascia viene sempre e comunque coinvolta. Ovviamente abbiamo delle tecniche che meglio di altre ci consentono di dirigerci manualmente verso il tessuto fasciale, se lo riteniamo necessario. Utilizzo un “approccio manuale” nella maggioranza dei casi che tratto, e in tutti i casi prendo in considerazione la risposta fisiopatologica del tessuto fasciale.
Insegni la tecnica “Fascial Distortion Model”, un approccio moderno, di cui ho sentito parlare un gran bene; raccontaci in cosa consiste e come può aiutare il terapista, nel suo lavoro:
Innanzitutto, vorrei specificare che non si tratta di una tecnica, ma di un modello di interpretazione anatomico e fisio-patologico del sistema neuro-miofasciale-scheletrico. A questo modello è associato un metodo di lavoro, abbastanza semplice da apprendere, che prevede l’utilizzo di varie tecniche. Stephen Typaldos DO, fondatore del modello, osservò che i pazienti descrivono dolore e altri sintomi con gesti ripetitivi, che ha poi catalogato e collegato a diversi tipi di disfunzioni del tessuto fasciale (“fascial distortions”). Quindi, ogni “distortion” ha un linguaggio del corpo specifico, che viene trattato con una tecnica corrispondente. Questo facilita e velocizza sia l’individuazione della natura e della posizione problema, sia il suo trattamento. Un altro grande vantaggio dell’FDM è che le tecniche applicate hanno un effetto immediato: si capisce subito se hanno funzionato oppure no, e non si perde tempo in ripetute sedute inefficaci.
Come ti sei avvicinato a questo “modello”?
All’epoca lavoravo in uno studio situato all’interno di una palestra. Avevo un buco di un’ora, ed ebbi l’idea di cercare in inglese tecniche diverse, moderne di terapia manuale della fascia. Inizialmente non trovai niente di nuovo, infatti l’FDM era pubblicato prevalentemente in tedesco, ma alla fine giunsi a conoscenza del lavoro di Typaldos. Venni subito colpito che il linguaggio del corpo dei pazienti potesse essere utilizzato nella fase diagnostica, e decisi di acquistare, dagli Stati Uniti, il manuale pratico di FDM, di Frank Roemer, in lingua inglese. In quel periodo stavo trattando una signora che aveva una diagnosi di spalla congelata, e ci stavo sbattendo la testa da circa un mese senza ottenere risultati apprezzabili. Una volta, questa signora venne da me dopo che avevo letto il primo capitolo del libro di Frank, che parlava delle Triggerbands; allora le chiesi di mostrarmi dove aveva il dolore (deve aver pensato che avessi la testa altrove, era un mese che la trattavo!), e il destino ha voluto che mi indicasse chiaramente una Triggerband… Che emozione! Provai ad applicare la tecnica corrispondente, e con grande soddisfazione sia mia che della signora il risultato fu immediato e molto evidente. Dovevo fare il corso! In Italia, però non c’era nessuno che li organizzava, dunque contattai i gestori del sito americano, che mi misero in contatto con Frank. Corsi in lingua inglese, in Europa, non ne organizzavano, quindi l’unica opzione era quella di organizzarne uno in Italia. Allora stipulammo un contratto che comprendeva la traduzione del libro in italiano e la mia formazione personale in Germania, e iniziò il mio percorso come docente FDM.
Quanto è importante la sensibilità tattile nel trattamento fasciale?
Esistono approcci fasciali molto diversi tra loro, in termini di intento terapeutico e di intensità con cui la pressione viene esercitata; tutti, comunque, richiedono una buona – se non ottima – sensibilità manuale del terapista. Per lavorare con l’FDM, oltre alla sensibilità, sono necessarie anche mano ferma e precisione, sia per la valutazione con test palpatori che per una corretta esecuzione della tecniche curative.
Immaginiamo una giornata tipica di Riccardo, hai imparato ad usare anche elettromedicali, oppure hai l’orticaria quando ti avvicini a questi strumenti?
Pur avendolo fatto in passato, al momento non utilizzo elettromedicali nella mia personale pratica clinica. A parte le mani, uso solo fibrolisori, attrezzature da gua-sha, coppettazione e diversi bendaggi (oltre alle posture e all’esercizio terapeutico). Potendo avvalermi della collaborazione di alcuni colleghi, utilizzo anche apparecchiature elettromedicali, che ritengo a volte utili nella gestione di diverse problematiche.
Sei un giovane papà, e mettiamo che tuo figlio volesse diventare un fisioterapista, come lo consiglieresti, per diventare un ottimo Professionista?
Gli direi di lavorare usando la testa, di approfondire lo studio dell’anatomia e di interrogarsi sempre su quello che succede tra di lui e i pazienti, sia in caso di successo che di insuccesso.
Quali sono secondo te i corsi post laurea che non dovrebbero mancare nel bagaglio culturale di un ottimo terapista?
Un approccio posturale di scuola francese, un approccio manipolativo strutturale e un approccio fasciale tipo Rolfing o derivati. Il tutto visualizzato attraverso le lenti del Fascial Distortion Model (come potrei non menzionarlo?).
Secondo te come si evolverà la fisioterapia nei prossimi anni e quali saranno le nuove frontiere?
A livello internazionale, penisole comprese, indubbiamente continuerà la tendenza degli ultimi anni, che hanno visto un crescente sviluppo della Evidence Based Physiotherapy. Per quello che riguarda specificamente il nostro Bel Paese, vorrei che venisse presto istituito l’agognato Albo Professionale, per favorire la lotta all’abusivismo, e magari che venissero sdoganati, con leggi chiare e inconfutabili, approcci terapeutici come agopuntura, dry needling e manipolazioni, che sono quasi ovunque strumenti propri dei fisioterapisti. Queste, però, sono più speranze che convinzioni!
Grazie infinite Riccardo per la tua disponibilità non Vedo l’ora di Recensire il tuo corso…
Grazie a te
David Di Segni
Fisioterapista – Posturologo Specializzato nella cura del dolore cronico senza uso di Farmaci, che opera nel campo ortopedico presso studio Mdm Fisioterapia di Roma dal 2003. Iscritto all’albo con N. 2096 della sezione di Roma. Biografia completa.