Trigger point | La Guida completa
La definizione di Trigger Point è stata coniata nel 1943 dalla dottoressa Janet Travell, la quale definiva con questo termine le masse o i noduli dolorosi percepiti all’interno di bande tese del muscolo.
Per rendere più chiara la definizione, basti immaginare il muscolo, come un insieme di corde,che grazie al loro accorciamento (contrazione muscolare) muovono segmenti ossei. Il Trigger point lo si deve immaginare come un nodino su una o più fibre muscolari, che è percepibile dall’esterno mediante la palpazione, e che se stimolato evoca un dolore sul punto, ma soprattutto a distanza,evoca dolore in una zona irradiata. Per questo molto spesso le persone riferiscono dolore che può essere scambiato per altre patologie che hanno a loro volta irradiazione simile.
Janet Travell fu una tra le prime persone a studiare il dolore miofasciale, utilizzando una tecnica che prevedeva l’uso di un ago e una siringa per trapassare e iniettare un farmaco anestetico nella zona fibrosa sede del Punto Grilletto.
Tra le tante teorie sull’origne di questi punti grilletto, va ricordato Jones che vedeva questi punti come aree da trattare innescate d aprocessi anche lontani in altri organi del nostro corpo
In questo articolo parleremo di:
Caratteristiche del Trigger point
Ciò che rende molto affascinante il trattamento e la cura di questi “Grilletti”, è probabilmente il fatto che chi come me è abituato a combattere ogni giorno con il dolore, troverà nello studio delle caratteristiche dei segni comuni di molte patologie, e sopratutto se entrato in questo “Mondo”, non riuscirà più a vedere il dolore ad un arto, alla cervicale, nello stesso modo..Piuttosto troverà una spiegazione agli insuccessi, in quanto come dice sempre il mio caro amico Francesco Ticchi (forse uno tra i migliori conoscitori italiani di questa materia) “Non è importante DOVE si percepisce il dolore, piuttosto CHI provoca il dolore!!”, quindi una particolare attenzione alle cause di attivazione del dolore e del trigger e sopratutto uno studio attento nel considerare e individuare il Trp attivo rispetto al latente. Proprio questa capacità diagnostica nella biomeccanica muscolare è quella che si può trovare in corso specifico nel Metodo Ticchi.
Vediamo ora di capire quali sono le caratteristiche comuni:
- il nodulo è racchiuso all’interno di una banda tesa del muscolo: si apprezza una piccola area dura, che può essere della grandezza di un chicco di riso, fino ad essere una vera nocciolina
- la pressione produce e provoca dei sintomi dolorosi, irradiati con una distribuzione specifica e precisa che è stata appunto mappata da Travell & Simons, anche se oggi quella mappa è stata leggermente modificata, e resa più completa rispetto a punti e zone irradiate.
- Il dolore provocato da un trigger non è spiegabile da segni rilevabili da un esame neurologico (Falsa sciatica ad esempio)
- Il dolore non è sempre presente, piuttosto in alcuni movimenti, in alcune ore, e tende a migliorare se si sottopone la zona ad una sorgente calorosa ( spesso il paziente riferisce un miglioramento subito dopo una doccia calda)
- Il dolore miofasciale legato a questi piccoli punti grilletto è spesso lontano dalla zona dolorosa primaria
- Il muscolo che ospita un trigger point attivo, presenta una contrattilità ridotta sulle fibre colpite, e quindi una efficenza ridotta, tanto da causare un problema a carico dei muscoli colpiti tanto da produrre un deficit evocabile con un esame muscolare.
- Se il trigger è particolarmente grande, oppure se è posizionato in una zona vicino ad un nervo o un vaso, potrebbe con la sua struttura creare dei sintomi ancora diversi che interessano il sistema neurologico o addirittura problemi di tipo circolatorio
- La cute subito sopra è spesso più calda rispetto alla cute circostante a causa di un aumento dell’attività metabolica, oltre ad una congestione della circolazione
- Altri fattori come ad esempio una cicatrice rigida può limitare i movimenti dei tessuti molli creando una limitazione nel movimento di una determinata articolazione
- una carenza di vitamina di acido folico o ancora problemi ormonali o di ipotiroidismo, carenze di vitamine o minerali possono essere causa di un trigger
Ciò che rende il Fisioterapista che conosce questa disciplina assolutamente “diverso” dai canoni normali, è sicuramente il fatto che l’approccio alla patologia diventa completamente diverso, in quanto si cercherà la fonte del problema, piuttosto che focalizzarsi esclusivamente sul punto che fa male. Una persona che accusa dolore alla cervicale, ad esempio, non verrà trattata solo sui trapezi, ma si cercheranno dei trigger point in zone magari anteriori, o magari a livello della spalla.
Terapia
La terapia dei trigger point prevede 3 fasi che sono fondamentali per poter raggiungere il nostro obiettivo finale: la Cura del Dolore Miofasciale.
- Fase 1-Intervista:Parlare con il nostro paziente, discutere con lui del suo dolore, di come insorge, di come magari peggiora. Studiare la storia del paziente, il suo lavoro, lo sport che pratica, servono al fisioterapista per indagare e farsi un idea di quale muscolo potrebbe essere responsabile del dolore avendo tra le sue fibre un Trigger Point attivo.
- Fase 2- Test: Una volta che si hanno le idee chiare, si inizia quello che è considerato l’esame principe: la valutazione muscolare. SI ricerca una perdita di forza di un muscolo o un gruppo muscolare, e sopratutto si va a ricercare un determinato movimento che provoca il dolore.. Una volta individuato il gruppo, o comunque che il terapista ha un idea chiara del responsabile del dolore miofasciale, si procede con la palpazione alla ricerca delle bande tese. Ci vuole grande sensibilità per percepire anche in profondità, e magari sotto strati di grasso, e piani muscolari una banda tesa.. Per questo le mappe del dolore di Travell e Simons, ci vengono in aiuto, indicandoci le zone dove sarà più frequente trovare un trigger point attivo
- Fase 3- Trattamento:Il trattamento dei Trigger è la parte più importante e se la diagnosi miofasciale è corretta, il paziente potrebbe veder scomparire come per magia il suo dolore. Esistono tantissimi modi per trattare e dissipare la banda tesa e forse non esiste il trattamento migliore, esiste l’esperienza del fisioterapista che sa manipolare la fascia e dissipare la banda tesa
Come dissipare un Trigger Point:
Come detto esistono tante tecniche o strumenti, ora andremo ad analizzarne alcuni per mostrare il ventaglio di possibilità a disposizione del fisioterapista.
Tecnica della Compressione ischemica o Digito pressione: è la modalità più veloce e la più utilizzata. Dopo che si è individuata la banda tesa, si tiene premuto, andando a ricercare una ischemia temporanea nella zona, mantenendo fino a che il dolore non si è ridotto dell’80%. Tale manovra si può riproporre altre 2-3 volte al fine di insistere maggiormente sull’area, e al termine si ripete il test per vedere se c’è stato un cambiamento nella sintomatologia. È una delle tecniche manuali più facili e più immediate..Di contro è faticosa per il terapista, provoca dolore al paziente e non sempre risolve definitivamente il problema. Fondamentale sarà individuare il tp corretto rispetto al latente che invece causa solo la disfunzione indolore nel muscolo colpito e può rimanere in questo stato silente per anni ed essere improvvisamente riattivato da traumi da sovraccarico eccessivo da stiramento muscolare acuto da squilibri posturali e da tante altre cause.
Massaggio: è forse la tecnica più antica, che permette di manipolare il tessuto muscolare, in maniera grossolana, e proprio l’ampia area trattata senza una specificità permette a volte di risolvere il problema, e a volte di fallire clamorosamente.Come regola generale il massaggio non deve provocare dolore eccessivo ma più un fastidio che il paziente riferisce come un “dolore piacevole”. Sarà fondamentale l’esperienza del fisioterapista nello sceglie la zona oggetto del massaggio per poter colpire con più probabilità la zona in cui è presente la banda tesa ed eliminare la sintomatologia dolorosa. Va detto che il massaggio è legato alla concezione olistica orientale e alla medicina ayurvedica per cui le tensioni accumulate sul fisico sono strettamente correlate allo stato d’animo non solo agli errori posturali.
Tecnica dello Stretch and Spray: Individuato il muscolo disfunzionale, si pone il muscolo in allungamento, e una volta raggiunto il massimo grado di allungamento si passa per qualche secondo uno spray freddo (ghiaccio spray). Al termine si riporta dolcemente in accorciamento. Va eseguita molto bene, e sopratutto deve essere chiaro al terapista come allungare il muscolo senza provocare dolore e quindi necessita di un esame approfondito per considerare al meglio come trattare la disfunzione con questa tecnica.
Terapia miofasciale con strumenti IAstm: esistono sul mercato tanti strumenti con forme diverse, superfici differenti, che hanno lo scopo di mobilizzare la fascia, alleggerire lo sforzo del terapista e permettere la compressione ischemica in maniera più incisiva e profonda come il Da.Ma
Dry needling: tecnica molto utilizzata nel mondo, meno in Italia, che prevede l’inserimento di un ago sottilissimo (grande come quello dell’agopuntura per intenderci), con l’obiettivo di centrare la banda fibrosa, e letteralmente romperla. Non è dolorosa, ma ricordo che è fattibile su tutti i pazienti, e quindi va valutato attentamente il candidato ideale
Foam roller: Importata come strumento fitness dagli Stati Uniti, parliamo di un cilindro compatto, con uno strato gommoso come rivestimento. In commercio si trovano Foam Roller con superfici anche particolari, che hanno come obiettivo di utilizzo, un automassaggio su una determinata area, lavorando non sulla qualità, ovvero sul singolo punto, ma lavorando globalmente, sperando quindi di dare un movimento al tessuto connettivo e automassaggiare la muscolatura. Usato in maniera assidua e dopo un allenamento ha parecchi evidenze positive, e anzi va inteso come un ottimo compendio da dare al paziente a casa.[
Ecco un esempio di utilizzo del rullo:
Onde d’urto, Tecarterapia, ultrasuoni, Epte.. Sono tutte terapie fisiche validissime nel trattamento, sta al terapista scegliere la strada migliore per dissipare la banda tesa.
Principali muscoli e loro Trigger:
Come detto, in linea teorica qualunque muscolo dle nostro corpo a causa di una disfunzione può sviluppare una banda tesa, per cui in questa sede elencheremo magari i principali muscoli e la loro irradiazione per dimostrare,appunto che il dolore miofasciale potrà simulare un dolore artrosico, o un dolore neurologico come la sciatica. Nelle immagini vengono rappresentati con la X i possibili trigger, mentre con le aree rosse, le zone di possibile irradiazione dolorosa.
Trigger point Trapezio
È forse uno tra i più frequenti, e comunque uno tra i più superficiali. Palpando il muscolo facendo scorrere il ventre centrale tra indice e pollice facilmente si percepirà una banda tesa. Non sempre è attivo, ma certamente procurerà dolore locale o irradiato.
Sottospinoso
Il muscolo sottospinoso che si può palpare facilmente subito al di sotto della spina della scapola è uno tra i muscoli che presenta più trigger point la cui eccitazione provoca spesso sintomi molto a distanza lungo il braccio e può simulare una cervicobrachialgia
Piccolo Gluteo
Il muscolo piccolo gluteo ha per sua natura anatomica una grande presenza in gran parte delle sciatiche, e come è possibile notare in questa immagine, la zona rossa è appunto l’area che viene generalmente colpita e indicata come sintomo di sciatica dal paziente
Temporale
Anche il muscolo temporale è talvolta responsabile di problemi come il mal di testa e sopratutto in dolori ai denti o interessare l’articolazione temporo mandibolare
Libro Trigger point
Esistono molti testi che parlano di questo argomento, partendo dal sempreverde Travell e simons, fino ai giorni nostri. Mi sento di consigliare un testo in particolare: Simeon Nihel – Asher , edito da Ediermes di cui ho fatto la recensione del libro che puoi leggere per approfondire l’argomento e acquistare su Amazon
Corso per Fisioterapisti per imparare a trattare le bande tese
Come ho citato in precedenza esistono molti corsi che sono in grado di insegnare la mappa topografica della localizzazione di un trigger…Ciò che manca è invece una metodica che dia un valore aggiunto aiutando il fisioterapista nel trattamento, guidandolo nel ragionamento clinico. Viene incontro a questa esigenza il corso Metodo Ticchi & Trigger point che appunto insegna a valutare la sindrome miofasciale, indagare i sintomi e trattare le bande tese. Come? qualunque modalità va bene, lui usa le mani, ma non disdegna la Tecarterapia o il laser ad esempio.. l’importante è colpire il trigger giusto!
Puoi leggere la recensione al corso di Mdm Fisioterapia
Le date del corso sono le seguenti:
Per info contattare via Facebook direttamente Francesco Ticchi oppure via Mail a ticchifrancesco@libero.it
Conclusioni
Come si è dimostrato, anche nella letteratura scientifica, molte patologie che vengono diagnosticate sulla base anche di esami strumentali, non è detto che siano realmente correttamente inquadrate, e forse spesso gli insuccessi, sono proprio legati al fatto che si tratta una zona di dolore senza andare a verificare se sono presenti trigger point in altre aree, che potrebbero loro stessi essere responsabili del dolore riferito dal paziente. Sarà quindi cura del Fisioterapista che conosce e pratica questo tipo di terapia, cercare di focalizzare la propria attenzione, ma anche il proprio trattamento per offrire al proprio paziente un ventaglio di trattamenti efficaci, veloci e sopratutto duraturi.
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David Di Segni
Fisioterapista – Posturologo Specializzato nella cura del dolore cronico senza uso di Farmaci, che opera nel campo ortopedico presso studio Mdm Fisioterapia di Roma dal 2003. Iscritto all’albo con N. 2096 della sezione di Roma. Biografia completa.