Intervista a Francesco Ticchi
Cominciamo oggi, una rubrica interessante, volta a far conoscere, alcuni tra i Medici e Fisioterapisti, che si sono distinti per il loro approccio riabilitativo, e sopratutto, per il loro apporto alla crescita professionale della categoria fisioterapica: oggi intervistiamo Francesco Ticchi.
Ciao Francesco, ben trovato…Grazie per la tua partecipazione..Non conosciamo la tua età,ma ad occhio e croce, sei passato tra due generazioni di Fisioterapisti: Quelli che nascono come massaggiatori , e quelli moderni che invece hanno tante frecce al loro arco per affrontare e risolvere molte patologie.
Raccontaci questo passaggio:
Innanzi tutti ciao e grazie per questa intervista.
Ho 48 anni e credo di aver avuto la fortuna di aver iniziato il mio percorso quando ancora ad insegnare c’erano tanti fisioterapisti e pochi medici, per cui noi eravamo più “praticoni” ed uscivamo sapendo almeno massaggiare, rispetto alla formazione odierna.
Oggi le università sono piene di medici, quindi teorici, per cui i neolaureati escono molto colti, ma senza avere idea molto chiare su dove mettere le mani ( chiaramente parlo della media e non di tutti).
A mio avviso , oggi, vogliono trasformare il fisioterapista in una macchina formata culturalmente, ma incapace di creare un ragionamento clinico efficace .
L’università per i fisioterapisti è stata una grande conquista, a partire dal loro riconoscimento, ma allo stesso tempo ha abbassato la capacità manuale degli studenti, tant’è che molti rinnegano il massaggio come se fosse un lavoro che scredita la professionalità.
Il massaggio è l’essenza , è il principio da cui si iniziare per conoscere e percepire il corpo altrui, se non lo conosci come fai a sapere cosa fai e dove lo fai?
Quando hai deciso di diventare un docente per il tuo metodo e cosa ti ha spinto a farlo?
La docenza è nata per caso , in quanto mi ero messo a divulgare gratuitamente tutto ciò che sapevo sui social network, ma ancora il mondo dei trigger points era sconosciuto e coloro che avevano una buona conoscenza dell’argomento non condividevano le cose che io avevo appreso, studiato, ricercato negli anni e in alcune circostanze venivo anche denigrato per il mio modo alternativo di diffondere la materia.
Alla luce di tutte queste contestazioni , diffidenze e tentativi di screditamento, decisi di non diffondere più ciò che conoscevo.
Un giorno un collega e venditore di elettromedicali mi chiese se desideravo collaborare con lui attraverso la formazione.
Accettai , perché , comunque , desideravo diffondere le mie scoperte e ricerche e da quel momento iniziai con la formazione creando il corso metodo ticchi
Molti in Fisioterapia tendono a tenere per sè, le proprie conoscenze e competenze..Tu invece no, ci spieghi il motivo?
Come quasi tutti coloro che fanno questo lavoro amo quello che faccio e credo che sia giusto poter dare a chi ne sa meno.
Come detto nella domanda precedente , avevo già iniziato a divulgare gratuitamente, per cui continuo a farlo con la stessa motivazione.
Cosa sono per te i triggers point?
Bella domanda!
Inizialmente erano una “strana cosa” in cui mi ero imbattuto per caso.
L’amore per questo argomento è cresciuto nel tempo , grazie ai piccoli successi quotidiani che mi portavano a cercare sempre maggiori risposte agli enigmi lasciati dai Maestri TRAVELL E SIMONS.
Oggi sono diventati una missione, perché il loro coinvolgimento a livello sintomatico è impressionante e per chi li non li conosce , direi inimmaginabile.
Ci sono ancora incognite sull’argomento, ad alcune ho trovato delle risposte ( o comunque sono concetti attendibili) , ma una cosa è certa: i risultati sono straordinariamente veloci ed efficaci ed i pazienti recuperano in tempi brevissimi e possono evitare di soffrire inutilmente
Questo fa capire che essi sono una delle principali cause del dolore muscolo-scheletrico , anche se non ci sono “ancora” riscontri scientifici sulla loro insorgenza.
Essi sono una realtà del malessere delle persone .
Vorrei divulgare questo sapere al maggior numero di persone, perché con poco si possono evitare inutili sofferenze, inutili esami strumentali ed inutili interventi chirurgici.
Io non sono uno scienziato, ma un fisioterapista, quindi il mio compito è quello di sfruttare al massimo le potenzialità che abbiamo a disposizione , tra queste c’è pure la divulgazione ….. mentre la ricerca scientifica la lascio a chi ne ha i mezzi e le competenze.
Nel mio piccolo ho realizzato molte teorie attendibili e logiche che potrebbero (se riscontrate scientificamente) dare moltissime risposte ….. purtroppo non ho i mezzi per fare ciò, ma credo che la strada sia quella giusta.
Guarda l’intervista a Francesco ticchi:
In cosa ti differenzi rispetto ad altri approcci (più o meno tutte le metodiche danno dei risultati), la tua cosa offre di più rispetto ad altre?
In Italia siamo abituati a pensare che tutto ciò che viene dall’ America, dall’Australia o dall’Inghilterra, sia migliore di ciò che possiamo trovare sul nostro territorio, ma non credo che sia così, almeno per le problematiche miofasciali.
Se noti si chiama METODO TICCHI E TRIGGER POINTS, proprio perché non insegno SOLO TRIGGER POINTS, ma integro con una serie di elementi basati su ragionamento clinico, che definirei come IL METODO TICCHI.
Il METODO TICCHI E TRIGGER POINTS, non ha quasi nulla di nuovo a livello scientifico, ma credo che sia , in questo momento storico, l’unico corso che può essere integrato in tutte le metodiche , nessuna esclusa, questa quindi è una delle principali differenze.
Prima di tutto credo di essere l’unico ad insegnare a riconoscere e differenziare i trigger points PRIMARI da quelli SECONDARI E SATELLITI.
Altra differenza formativa riguarda il fatto che sono l’unico ( forse al mondo e dopo spiegherò il motivo) ad insegnare a identificare e trovare un trigger point particolare, come quello del pronatore quadrato, che non viene menzionato da nessun autore e non esistono mappe topografiche relative ai suoi trps,
Personalmente sono riuscito a riconoscere e scoprire la presenza dei trigger points del muscolo pronatore quadrato, identificandone le disfunzioni ed i sintomi.
Per me, come per tantissimi autori, il ragionamento clinico è fondamentale, ma il mio è basato sul dolore, sulla differenziazione sintomatologica delle più comuni problematiche muscolo-scheletriche, ma soprattutto sulla conoscenza algica e disfunzionale dei trigger points.
In questi anni ho cercato di capire e conoscere i vari sintomi e sono riuscito ad ottenere delle ottime discriminazioni , per cui ho creato un anamnesi che veloce e molto precisa
Credo che in questo momento storico, grazie alle realizzazione di nuove modalità valutative, nuovi approcci diagnostici e terapeutici, sia la miglior offerta formativa per quanto concerne i trigger points , in molte delle nozioni da me proposte non si trovano sui testi di questo argomento, ma sono integrazioni .
Altra peculiarità che contraddistingue il mio metodo è la capacità di portare i corsisti ad integrarsi con i sintomi in tempi estremamente veloci che consente loro di eseguire valutazioni fisioterapiche precise e di conseguenza anche le terapie risultano immediatamente efficaci
Una volta insegnato il ragionamento clinico, offro spunti terapeutici, ma non sono rigorosi, perché una volta capiti i concetti ed individuate le cause del dolore, ognuno può utilizzare gli strumenti o le metodiche che ha a disposizione.
Tale plasticità terapeutica, rende il metodo adattabile ad ogni tipologia di trattamento, infatti si possono usare le mani, le terapie strumentali ( tecarterapia, ultrasuoni, laser, onde d’urto, ecc) , la rieducazione posturale, le manipolazione, insomma tutto ciò che un collega preferisce applicare.
Per questo motivo è una tecnica che definisco universale e flessibile.
Può essere usata da fisioterapisti che manipolano, senza incidere sul loro modo di lavorare, ma così pure per quelli che fanno osteopatia, può essere usata nei bambini e negli anziani senza limitazione di età .
Diciamo che questa metodica è universale per il ragionamento clinico e dovrebbe essere la base di ogni fisioterapista , soprattutto per gli studenti che spesso escono dalle università senza possedere mezzi diagnostici idonei .
Potrei anche aggiungere , che le modalità di ricerca ed individuazioni sono completamente differenti , perché ho riscontrato che quelle che vengono oggi insegnate sono del tutto errate, forvianti e spesso rispondono con dei falsi positivi, portando in errore il terapista , rendendo così inefficace il trattamento.
Ci sarebbero tante altre differenze, ma dovrei dilungarmi troppo.
Per me , il segreto non sono le modalità operative utilizzate, ma è necessario avere :
UN RAGIONAMENTO CLINICO EFFICACE E PRECISO CHE RENDA LA DIAGNOSI CORRETTA E CONSEGUENTEMENTE LA TERAPIA RISULTA ESSERE “IDONEA ED EFFICACE
Menzioni e sottolinei la differenza tra te e gli altri corsi ralativamente alla disciminazione tra i trigger points attivi PRIMARI, SECONDARI e SATELLITI, visto che negli altri corsi non affrontano i problema , ritieni che sia così importante saperli distinguere?
Qui devo riallacciarmi alla domanda che mi differenzia dagli altri corsi che insegnano ARGOMENTI SIMILI , MA NON UGUALI
Attualmente, che io sappia, nessuno al di fuori di me insegna a differenziarli ed a riconoscerli, perché ritengo che nessuno , ancora, sia riuscito a trovare la modalità di farlo, altrimenti lo inserirebbero nei loro programmi.
Diciamo che la straordinaria efficacia dei trattamenti miofasciali e del METODO TICCHI , si basa anche su tale differenza .
Per poter distinguere un primario, un secondario ed un satellite, ho realizzato delle valutazioni specifiche che Travell e Simons non menzionano.
Questo fa si che tutti coloro che insegnano questo argomento non possono esserne a conoscenza, visto che gli autori utilizzano altre modalità di valutazione, che personalmente ritengo inesatte e forvianti.
L’incapacità di discriminare le 3 differenti attività rende la diagnosi errata, non tanto sulla causa, quanto sul punto d’azione, perché spesso i satelliti/secondari si trovano in distretti completamente differenti rispetto al primario, di conseguenza il trattamento verrebbe eseguito in un punto lontano dalla reale causa scatenante e, come immaginerai , il problema non verrebbe risolto.
tutto ciò renderebbe la terapia potrebbe corretta, ma errato il punto di applicazione; differenziare non è importante, ma fondamentale per avere un successo terapeutico e risolvere il dolore.
Dopo tanti anni di studi e ricerche , puoi dirci se esistono novità rispetto a tutto ciò che fino ad oggi è stato pubblicato?
Si , è vero, esistono diverse cose che ho scoperto e realizzato per migliorare l’approccio valutativo e terapeutico relativo al dolore miofasciale.
Una delle novità può essere riscontrata nell’identificazione di un trigger point “nuovo” ( con relative sintomatologie e disfunzioni), quello relativo al pronatore quadrato, che ho menzionato sopra.
Esso è sconosciuto che non viene messo in risalto da nessun autore , neppure dai maggiori esperti mondiali attualmente impegnati in questo settore,.
L’assenza di mappe topografiche, conferma che neppure Travell e Simons siano stati in gradi di riconoscerne le caratteristiche sintomatologiche , quindi gli studiosi del settore evitano di prendere in considerazione questo muscolo .
L’unica mappa topografica esistente, o almeno che io ho trovato, risulta essere una ipotesi di un dolore che ritengo da me poco attendibile, in quanto riproduce in modo preciso ed esatto quello del pronatore rotondo.
Altra novità, che mi pare non sia mai stata pubblicata, può essere l’aver compreso il motivo per il quale i farmaci risultano essere inefficaci sulla sindrome miofaciale dolorosa.
Comprendere ciò, risulta essere uno degli elementi essenziali della conoscenza e differenziazione sintomatologica delle varie origini del dolore , ed è grazie a tutto ciò , che il ragionamento clinico del METODO TICCHI risulta essere innovativo ed estremamente preciso.
Posso aggiungere che oltre ad aver reso possibile la distinzione tra trigger point PRIMARI e SECONDARI/SATELLITI, ho realizzato nuove modalità valutative per individuare l’esatto muscoli in cui è presente il trigger point attivo, tra le più importanti vorrei citare il TICCHI TEST SUPERIORE ( per dolore alla spalla) ed il TICCHI TEST INFERIORE ( per il dolore al ginocchio).
Potrei parlare anche del PROTOCOLLO ISA, una specifica modalità valutativa, identificativa e terapeutica per risolvere , praticamente, quasi tutte le lombalgie di origine miofasciale, cioè circa il 90% delle lombalgie presenti.
Ci sarebbe tanto altro ancora, come ad esempio il dolore cronico , ma anche in questo caso ci dilungheremmo troppo.
Magari in un’altra occasione.
Cosa ti ha spinto a fare ricerca e capire meglio la sindrome miofasciale?
Man mano che prendevo confidenza con questa metodica, mi accorgevo che vi erano numerose lacune, per cui ho cercato di trovare le risposte che mi servivano.
Una delle maggiori difficoltà che riscontravo era l’identificazione dei trigger points attivi , che non sempre rispondevano ai parametri che insegnavano gli autori.
Infatti esisteva la classificazione dei vari trigger points , ma non vi era una chiara modalità valutativa per riconoscerli e distinguerli
Per questo motivi mi misi a studiare e cercare delle alternative e con il tempo ne trovai una di estrema efficacia ,addirittura mi consentiva di capire se quel punto fosse realmente attivo oppure no, se era un primario oppure un secondario /satellite.
Altre risposte che mi servivano , erano quelle relative all’inefficacia dei farmaci, e dopo tanti ricerche , trovai anche quelle.
Quindi per me la ricerca , non è stato altro che ottenere quelle risposte che potessero migliorare il mio trattamento e curare il paziente.
Domanda fatidica: questi aghi li usiamo oppure sono proprio una eresia? (tu li usi mai?)
Domanda provocatoria.
Riporto qui una frase detta sopra, per farti capire ciò che penso degli aghi:
UN RAGIONAMENTO CLINICO EFFICACE E PRECISO CHE RENDA LA DIAGNOSI CORRETTA E CONSEGUENTEMENTE LA TERAPIA RISULTA ESSERE “IDONEA ED EFFICACE” …… quindi non è il mezzo a fare la differenza.
Gli aghi servono a ben poco se dietro non vi è la capacità diagnostica , inoltre essi risultano inefficaci se non vengono applicati nei punti giusti perché è stata sbagliata la valutazione ( vedi trigger primari, secondari e satelliti)
Se si è in grado di risconoscere in modo efficace tali punti, gli aghi non sono essenziali, ma diventano un mezzo come tanti altri.
Vuoi sapere se li ho usati oppure no?
Si li ho usati insieme ad un medico per riscontrarne l’efficacia e verificare la differenza tra il mio approccio ed il dry needlig.
Posso dire solo che i risultati sono stati molto interessanti, ma qualche volta inutilizzabili a causa del distretto corporeo interessato.
A parte quelle occasioni , non li ho mai usati, anche perché non ne sento la necessità, riesco a fare tutto senza di essi, anzi per come lavoro io, sono troppo lenti , io con le mani sono più veloce.
Per quanto mi riguarda, come ho detto sopra, l’uso degli aghi nella sindrome miofasciale dolorosa sono un mezzo come tanti altri.
Chi li esalta, a mio avviso, conosce i trigger points , magari li conosce molto bene a livello bibliografico, ma non terapeuticamente parlando, visto che la loro disattivazione può avvenire con innumerevoli mezzi……. Anche una semplice borsa di acqua calda.
Il problema è che coloro che sanno usare gli aghi , non sempre sanno trattare i trigger points con altri mezzi, mentre chi conosce il METODO TICCHI non avrà limitazione sui mezzi, perché non sono loro la soluzione, ma solo un modo per ottenere un certo risultato .
Come detto sopra, i trigger points possono essere disattivati con qualsiasi cosa, basta capire e conoscere i meccanismi di disattivazione, ma soprattutto è necessario saperli riconoscere nel modo indicato sopra.
Tu mi insegni che la risoluzione avviene solo seguito di una corretta diagnosi e con il METODO TICCHI, con il suo ragionamento clinico, consente di ridurre in modo elevato l’errore diagnostico, quindi non sono gli aghi a fare la differenza , ma la capacità dell’operatore di riconoscere un trigger point attivo ( primario, secondario , satellite).
Immaginiamo una giornata tipica di Francesco..Tratti tutti i tuoi pazienti con il tuo metodo, oppure integri altre metodiche o strumenti?
La cosa che molti non sanno oppure hanno mal interpretato è il fatto che il METODO TICCHI non è un approccio terapeutico, ma un ragionamento clinico che mi consente di discriminare le cause del dolore, in particolare quelle di origine miofasciale.
Questo vuole dire che se il ragionamento mi porta a pensare che sono in presenza di una infiammazione, il mio approccio è mirato a trattare quel tipo di problema con i mezzi a mia disposizione; se ho un problema artrosico pure, lo stesso vale se si trattasse di un disturbo vascolare .
I trigger points , risultano essere una delle principali cause del dolore, ma non l’unica ed è per questo motivo che sono tra i trattamenti che eseguo più frequentemente.
Essendo il mio metodo basato sul ragionamento clinico, lo uso sempre, anzi chi lo impara non ne può fare a meno, perché la veridicità delle sue risposte è altissima e di conseguenza ha margini di errori bassi.
Il tuo studio è privo di macchinari (Se no, indicaci quali usi quotidianamente)
Il nostro lavoro non è basato ,a differenza di molti scuole di pensiero, sul lavoro manuale, ma sul ragionamento clinico, quindi in base alla causa mi adatto con ciò che ho a disposizione.
Per questo motivo uso mezzi differenti in base al problema, tipologia di paziente, alle posture che egli può sopportare, ecc.
In uno stato infiammatorio ( tendinosi, artrosi, borsiti, ecc) , difficilmente con le mani si riescono ad ottenere i risultati delle macchine .
Nelle sindromi miofasciali, invece, inizio sempre con le mani , per poi scegliere se proseguire con esse o con terapie strumentali.
La scelta varia molto dalle condizioni sopra descritte, ma ad oggi reputo la tecarterapia il miglior elettromedicale, con la quale riesco ad ottenere risultati , che molti oggi non credono.
Altri strumenti che uso, per mia volontà e non a seguito di prescrizione medica, sono un laser manuale estremamente potente sui trigger points, il cupping molto utile sulle cicatrici ( perché anche esse possono essere causa di attività miofasciale), vibromassaggiatori (molto utili su coloro a cui non riesco a fare la terapia manuale).
A disposizione ho pure la magnetoterapia, gli ultrasuoni, le tens , le ionoforesi , ma servono solo per accontentare i pazienti a cui vengono prescritte tali terapie.
Il tuo campo di applicazione è esclusivamente ortopedico sul dolore, oppure ti occupi anche di riabilitazione?
Il mio campo di specializzazione ( consentitemi il termine) è il dolore, ma lavoro anche con la riabilitazione.
In ambito di riabilitazione post-chirurgica , sicuramente ho meno esperienza rispetto alla terapia del dolore su cui ho dedicato anni della mia ricerca e formazione
Ma il “Metodo Ticchi”, è applicabile anche in campo neurologico? se si, in quali situazioni potrebbe essere di aiuto?
Se parliamo solo di METODO TICCHI in ambito di patologie del SNC , la risposta è no, in quanto la base della metodica è il ragionamento clinico, se invece parliamo di trigger points , allora la cosa potrebbe essere applicabile, con le dovute limitazioni ed accortezze.
Per quanto concerne le patologie del SNP è utilissimo e , come detto sopra, consente di ridurre in modo elevatissimo gli errori diagnostici.
Bisogna sapere che moltissimi punti trigger evocano sintomi facilmente confondibili con infiammazioni , radicolopatie,e quant’altro, quindi la loro diagnosi differenziata ed il ragionamento clinico realizzato da me, diviene fondamentale.
Se tu avessi un figlio che si è appena laureato, come lo consiglieresti, per diventare un ottimo terapista?
Potrei essere considerato non attendibile per un conflitto di interessi, ma siccome l’ho detto sopra, la prima cosa che deve imparare un neolaureato è IL RAGIONAMENTO CLINICO e questo corso , al momento, credo che possa essere considerato il meglio.
Dopo di che esistono tante metodiche efficaci, valide, ma sta al tipo di percorso che uno desidera o ama.
Quali sono i corsi che andrebbero assolutamente svolti, e in quale ordine?
Il mio corso, che escluderei dalla lista, offre potenzialità terapeutiche ad ampio raggio, perché si possono risolvere problematiche dolorose su tutti i distretti e si può integrare con qualsiasi altra metodica, per cui valuterei percorsi differenti.
Detto ciò differenzio la risposta, perchè non credo che ce ne sia una che valga per tutti, ma diverse in base alle necessità .
Dipende anche dal tipo di percorso ( breve o lungo) e da ciò che si ama di più.
Se parliamo di formazioni in ambito sportivo direi prima di tutto corsi sul bendaggio funzionale e kinesioteping, a seguire terapie strumentali e ginnastica posturale.
Se si desidera una formazione neurologica , non saprei, sono rimasto un po’ indietro , perché non è una tipologia di trattamento che non seguo più da anni.
Se invece parliamo di una formazione per uno studio privato, suggerirei la manipolazione, il bendaggio funzionale, la posturale, ma non per importanza ma per una questione “commerciale”.
Questi sono quelli che ritengo essenziali per i percorsi “brevi”.
Se diversamente si decide di investire in formazioni molto lunghe allora punterei sull’osteopatia e la kinesiologia applicata.
Sopra mi hai chiesto cosa consiglierei a mio figlio .
Dopo il mio corso, consiglierei di differenziarsi con una formazione riguardante l’ATM e gli occhi, perché recentemente mi sono ricreduto su molte cose a cui non davo importanza….
Secondo te come evolverà la fisioterapia nei prossimi anni e quali saranno le nuove frontiere?
A mio avviso, le nuove frontiere della fisioterapia saranno la “specializzazione” del professionista , a cui aggiungere le problematiche oculari e della bocca come cause di disfunzione a carico delle strutture muscolo-scheletriche.
David Di Segni
Fisioterapista – Posturologo Specializzato nella cura del dolore cronico senza uso di Farmaci, che opera nel campo ortopedico presso studio Mdm Fisioterapia di Roma dal 2003. Iscritto all’albo con N. 2096 della sezione di Roma. Biografia completa.